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"Quel giorno sull’Alberone"

Forum PESCA CON LA MOSCA "Quel giorno sull’Alberone"

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  • La vacanza era iniziata male e la pioggia che ci accompagnava  insistentemente dal giorno della partenza aveva reso impescabili tutti i corsi d’acqua del Friuli. Ci eravamo stabiliti a Tarcento, un piccolo centro sul fiume Torre dove avevamo in programma di pescare i temoli e le trote marmorate, ma dopo una giornata del tutto infruttuosa e che aveva visto crescere oltremodo i livelli delle acque, decidemmo di spostarci anche se non sapevamo dove andare.

    Avevo aderito a questa gita di Club con l’entusiasmo tipico di chi ha appena iniziato con la Mosca ed ero partito con due compagni che conoscevo da poche settimane: Luigi, Avvocato e proprietario della Passat station wagon e Fabrizio, Professore dell’Ospedale S.Giovanni di Roma . A Tarcento ci saremmo ricongiunti con gli altri compagni del Club, tra cui Gigi e Stefano di Ardea che erano partiti più tardi e avevano percorso gli oltre 600 km a bordo di un vecchio Fiorino fiat da lavoro con due soli posti: un’impresa epica.
    L’indomani lo trascorremmo in Slovenia nel fiume Soca senza grandi sussulti, ma riuscendo comunque a pescare e alla sera percorrendo a ritroso la strada che attraversa il confine di Caporetto ci fermammo a S.Pietro , per spendere i due giorni che ci erano rimasti sul fiume Natisone che nel frattempo si era stabilizzato e prometteva bene.

    La mattina del terzo giorno ci accolse con un sole inaspettato che in poco tempo ci fece scordare di tutta l’acqua che ci era piovuta addosso e che ancora ristagnava sui nostri abiti e perfino nelle scatole delle mosche. Eravamo in cinque, tutti affamati di pesca e di temoli che molti di noi avevano visto solo in fotografia, ma le rive del Natisone erano in grado di offrire a tutti la possibilità di mantenere inviolato quello spazio  vitale che è necessario per poter pescare in tutta serenità.
    Quel giorno tutti catturarono temoli in buon numero e di taglia media attorno ai 35 cm, tranne io che comunque mi consolai con le combattive iridee di cui si diceva che in quel fiume riuscissero addirittura a riprodursi. La giornata ci riconciliò con la pesca e la vacanza, che fino ad allora stavano volgendo al peggio e la sera in albergo fu molto bello ritrovarsi tutti a tavola a ricordare le sensazioni e le emozioni provate. Dopo cena, stanchi ma felici, tentammo in tutti i modi di resistere al sonno che si stava impossessando di noi, qualcuno continuando a gozzovigliare in camera e altri come Gigi e Stefano che avevano deciso di investire al morsetto gli ultimi barlumi di veglia.

    L’indomani il tempo mutò nuovamente ed il cielo perturbato ci fece ripiombare nell’incertezza di poter trascorrere un’altra piena giornata di pesca. Ci avevano suggerito di pescare nell’Alberone, un corso d’acqua affluente del Natisone che pur essendo di categoria B. veniva abbondantemente ripopolato a salmonidi, per ridurre la pressione di pesca nel fiume principale. Posteggiammo la Passat ed il Fiorino in una piazzola tra i cespugli e ci preparammo.
    Fabrizio, il Professore, sparì in un attimo e fece perdere le sue tracce mentre noialtri ci distribuimmo in maniera tale da riuscire ad abbozzare un sia pur timido tentativo di pesca. Andammo avanti a scavalcarci l’un l’altro fino al pomeriggio, catturando qualche trota qua e là, fino a che Luigi mi propose di tornarcene sul Natisone a fare buio.

    Accettai subito e provammo a recuperare i nostri compagni per avvisarli, ma si erano allontanati troppo ed il poco tempo che restava ci indusse a desistere. Tornati alla Passat presi un foglietto di carta ed un pennarello rosso che giacevano in un ripiano sotto al cruscotto assieme ad un numero imprecisato di monete e ad un pacchetto di gomme semivuoto, e scrissi a Gigi e Stefano di provvedere a caricarsi “uccel di bosco” Fabrizio prima di ritornare in albergo e glielo lasciai sul parabrezza del Fiorino bloccandolo sotto al tergicristallo.

    In dieci minuti ci riportammo sul Natisone ed iniziammo a pescare mentre i primi goccioloni iniziavano a scurire i bianchi ciottoli delle sue rive; intorno a noi nessuno. Le nostre cerate Hally Hansen ci fecero scudo e subito respirammo l’odore tipico dell’inizio di ogni temporale che tarda a scaricarsi, mentre sulle nostre canne il picchiettare delle gocce generava uno strano suono ed il sughero aveva cambiato decisamente colore.
    Trascorremmo tre ore un po’ pescando  e un po’ riparandoci ma senza risultati apprezzabili, tant’è che quando tornammo in albergo non era ancora buio completo.

    Parcheggiata l’auto nel piazzale entrammo e nel prendere la chiave sbirciai in sala da pranzo dove Gigi e Stefano erano già seduti per la cena; “e Fabrizio?” gli domandai “è su in camera a farsi la doccia?”.
    Mi guardarono per un istante incuriositi e poi dissero: “Fabrizio non l’abbiamo più visto, non era con voi?”  Replicai “ma vi abbiamo lasciato un biglietto sul parabrezza chiedendovi di caricarvelo in macchina al ritorno!!” E loro “In effetti abbiamo trovato un pezzo di carta sul parabrezza, ma era completamente fradicio per la pioggia e illeggibile poiché tutto sporco di rosso, così l’abbiamo buttato via”
    Mi sentii gelare!  Avevo conosciuto Fabrizio un paio di mesi prima, al Club, e sapevo ancora molto poco di lui ma di certo c’era che lo avevamo lasciato da solo su un fiume ad almeno 12 km di distanza dall’albergo che si trovava vicino al confine di stato con la Slovenia, e tutto questo per cercare di catturare qualche bel pesce nel Natisone!!

    Afferrai Luigi, lo trascinai con me fino alla macchina e gli spiegai l’accaduto mentre già stavamo ripercorrendo a ritroso la strada che da S.Pietro conduce al bivio per l’Alberone. Era notte fonda e noi stavamo andando a recuperare il nostro compagno che, per uno scherzo del destino e per la nostra superficialità, era rimasto abbandonato sulle rive di un torrente sconosciuto e con ancora indosso gli abiti da pesca stivali compresi.
    Giungemmo presso la piazzola dove avevamo parcheggiato le auto in mattinata, sperando di trovarlo lì ad imprecare contro di noi ma non c’era. Percorremmo un tratto di sponda urlando a squarciagola il suo nome, ma il buio fittissimo ci costrinse a tornare indietro.

    Ripartimmo con la macchina, stavolta diretti verso la stazione dei Carabinieri con addosso il profondo timore che gli potesse essere accaduto qualcosa e arrivati nei pressi delle prime case di S.Pietro, lo vedemmo scendere da un’auto targata Udine con il gilet addosso, la canna in mano ed i cosciali ai piedi.
    Ci fermammo ad un lato della strada, scendemmo, ed eravamo preparati a ricevere insulti e percosse mentre ci avvicinavamo verso di lui. Appena ci vide il suo viso assunse i lineamenti dell’esaltazione e subito ci rivolse un eloquente “Maddoc…. siete andati???” seguito da “Ho fatto una strage, ne ho prese 26 ma ne ho tenute solo due!!!”  “Quando sono tornato alla macchina e ho visto che non c’era, ho aspettato per un po’ e poi mi sono incamminato ma non ricordavo la strada per l’albergo, così ho fatto l’autostop e si è fermato quel tipo che mi ha portato fino a S.Pietro” . “Era pure un “leghista” e mi ha rinfacciato di essere venuto da Roma a pescare nel “suo” fiume; comunque prima che si fermasse avrò percorso non meno di 5/6 km a piedi…..”

    Era andata bene, e ancora oggi a distanza di 20 anni ci ridiamo su, solo che con il trascorrere del tempo sono considerevolmente aumentati il numero e la taglia delle trote che aveva catturato nell’Alberone, per non parlare dei Km percorsi a piedi.
    Mauro

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    ^FLY^

    @fly

    Amministratore del forum

    Bella storia e credo anche BELLA PURGA!!!!

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