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SPIAGGE E FONDALI

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  • La conoscenza dello spot che andiamo ad affrontare, se non determinante è quantomeno rilevante ai fini dell’impostazione della strategia di pesca. Ma se per noi la spiaggia è nuova e non possiamo avvalerci quindi dell’esperienza personale o dell’indicazione di amici fidati o se dovremo operare una scelta fra più soluzioni possibili, avremo necessità di fare una valutazione di massima basata su pochi ma fondamentali elementi ovvero: l’esposizione, la granulometria, il tipo di spiaggia e il tipo di fondale.
    L’esposizione è un aspetto da tenere sempre in considerazione: dobbiamo prediligere le spiagge in cui il vento del momento picchia in faccia con la capacità quindi di produrre moto ondoso. La questione non è purtroppo semplicissima ma abbiamo già parlato di questo aspetto QUI
    La tipologia di spot è la cosa più semplice da determinare atteso che la classificazione contrappone spiagge aperte
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    a pocket beach.
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    Le prime sono quelle distese sabbiose o miste senza soluzione di continuità, a volte per chilometri e chilometri. Le seconde sono delimitate da manufatti o formazioni rocciose naturali o incastonate in essi, spiaggette in cui a volte trovano posto solo un paio di amici. Personalmente preferisco queste ultime in quanto non si perdono i riferimenti e le misure dell’ambiente che ci circonda e inoltre perché le delimitazioni laterali creano una sorta di golfo in cui i pesci bazzicano più volentieri. Gusti personali naturalmente, poi c’è chi predilige le immense distese full open.
    Il secondo riferimento ha per oggetto la granulometria della spiaggia ovvero lo “spessore” della sabbia. Senza stare a scomodare  le classificazioni scientifiche ci basta sapere che si va dalla sabbia molto fine ai ciottoli, passando per la sabbia media, la ghiaia ecc.
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    Questo elemento, unitamente al grado di inclinazione della spiaggia, ci possono fornire una prima attendibile valutazione sul tipo di fondale che molto probabilmente ci troveremo di fronte, ovvero uno specchio acqueo profondo o basso. In linea di massima, più è fine la granulometria della sabbia e più il fondale è basso se poi ci troviamo anche in presenza di una spiaggia piana con inclinazione verso il mare lieve o nulla possiamo essere quasi certi che di fronte a noi abbiamo quella che, in gergo, viene definita spiaggia a bassa energia. Viceversa, più aumenta il calibro della granulometria, spostandosi verso la sabbia grossa, la ghiaia ecc., generalmente associata ad una inclinazione accentuata della battigia, e più probabilità avremo di trovarci di fronte ad una spiaggia profonda, tipologia conosciuta come spiaggia ad alta energia.
    Oltre alla profondità dell’acqua ci interessa molto conoscere la morfologia del fondale, ovvero se si tratta di fondo misto o fondo sabbioso. Per una prima identificazione ci possiamo affidare alle valutazioni visive ovvero osservare se vi è la presenza di rocce affioranti o appena sotto il pelo dell’acqua o di formazioni rocciose che circondano o abbracciano una parte dello spot. La conferma di questi elementi ci può far presupporre che anche sul fondo possano essere presenti zone rocciose.
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    Un’ulteriore conferma potremo averla dall’esame visivo della superficie dell’acqua per cercare di cogliere variazioni cromatiche fra le varie zone oppure, se siamo in presenza di moto ondoso pronunciato, l’improvvisa creazione di schiumate ci indica quasi certamente ostacoli sul fondo come grossi massi, scogli o secche. E’ ovvio che un responso certo possiamo solo averlo con una perlustrazione subacquea del fondale o con una esplorazione tramite il lancio del solo piombo ed il suo successivo lento recupero.
    Dunque la spiaggia non ci crea problemi di sorta se non quello del posizionamento dei picchetti, molto agevole sui siti sabbiosi ma difficoltoso su quelli ciottolosi, sempre che non ci affidiamo ad un tripode altrimenti utilizziamo picchetti robusti, magari auto costruiti, piantandoli con un movimento circolare. Qualche altro problemino le grosse granulometrie ce lo possono creare in caso di lanci piombo a terra: io di solito cerco di ovviare preparando, se possibile, un corridoio su cui effettuare la strisciata del piombo spostando le pietre più grosse, altrimenti si va di pendolare, side e above. Oltre alle formazioni rocciose possiamo incorrere in ostacoli di tipo organico come le formazioni di posidonia. Per queste non abbiamo grosse soluzioni nel senso che possiamo provare a pescare con braccioli corti posizionati molto in alto sul trave o shock ma se la distesa è imponente e compatta c’è poco da fare. Piuttosto non dobbiamo arrabbiarci per gli agganci, casomai cambiamo posto pensando che queste formazioni sono indispensabili per l’ecosistema marino e sono indice di buona salute del nostro mare. Chi invece ci può mettere in difficoltà anche serie è il fondale. Se abbiamo a che fare con un fondo disseminato di ostacoli l’aggancio è sempre in agguato ma non dobbiamo assolutamente escludere questi spot perché possono rivelarsi molto interessanti. Ci sono degli accorgimenti di massima che possono scongiurare qualche problema. Evitiamo anzitutto di adoperare finali troppo lunghi che in caso di corrente sostenuta o durante il recupero rischiano di agganciarsi ovunque e usiamo piombi spike. Vi sembrerà assurdo ma così non è. Siccome non mi piace riproporvi la minestra riscaldata, per i calamenti da misto vi rimando al topic specifico, QUESTO
    Passiamo poi a quella che può essere considerata la distinzione principale, quella fra spiagge a bassa ed alta energia. Per semplificare le cose limitiamoci alle sole spiagge sabbiose, quelle ritenute più facili da affrontare. Anche qui non mi dilungo e vi rimando a QUESTO topic.
    Ma è poi vero che le spiagge sabbiose creano meno problemi di gestione? A parte i problemi delle correnti più o meno sostenute, c’è un altro fenomeno che si può verificare ed è quello del fondo chiuso, di cui si è accennato in un recente topic e che, secondo me, merita di essere approfondito perché a volte può compromettere o far addirittura saltare una battuta a surfcasting. Il fenomeno è molto semplice e son sicuro che tanti di noi hanno avuto modo di verificarlo pescando a PAF con mare calmo. In sostanza il fondo marino si compatta e non accoglie il nostro piombo che non fa presa e ruzzola in balia delle correnti. La prova pratica è molto semplice: si lancia il solo piombo, si attende alcuni secondi e si comincia a recuperare. Se il piombo ritorna saltellando e senza opporre alcuna resistenza significa che il fondo è chiuso. La sensazione fastidiosa è che quando andiamo a recuperare il filo in bando continuiamo a girare la manovella senza avvertire il blocco del piombo che ci mette il cimino in tensione e a volte la zavorra ci arriva sotto i piedi senza che abbiamo avvertito alcun segno di arresto. A paf e beach non è un problema visto che i grufolatori si catturano lo stesso, l’accorgimento è di non pretendere di avere la cima in tensione e confidare, anzi, sul passeggiare del piombo. Il problema sorge nelle battute a surfcasting e sta nel fatto che il fondo marino è chiuso come uno scrigno e nemmeno la corrente e le onde più forti riescono a scavare e sollevare la sabbia disseppellendo quegli organismi che avviano la catena alimentare. Ma perché si verifica ciò? Le teorie sono diverse: c’è chi lega il fenomeno all’abbassarsi della pressione atmosferica che nella sua azione di schiacciamento compatterebbe la sabbia del fondo, altri sostengono che si verifica quando una corrente prevale sulle altre, come ad esempio una forte primaria che sovrasta la laterale, altri ancora ad un semplice questione di immobilità dovuta a periodi più o meno lunghi di bonaccia. Per la mia personale esperienza posso dire che questo fenomeno è più frequente sulle spiagge a bassa energia e quindi a granulometria più fine. A me personalmente è capitato di trovarlo su alcune spiagge toscane e della Liguria ma molto raramente su spiagge profonde. Probabilmente la sabbia fine si lega e si compatta più facilmente di una sabbia più grezza. Inoltre ho potuto constatare che il fondo chiuso si manifesta prevalentemente ad inizio mareggiata o con l’approssimarsi della stessa. Il problema non è logistico nel senso che spesso non serve spostarsi di qualche decina di metri se la tipologia di fondale è la medesima, per sperare di trovare condizioni diverse bisogna cambiare proprio tipo di spot spostandosi magari a km di distanza dove le condizioni marine o la morfologia del fondale siano molto diverse. Ma conviene poi spostarsi? L’esperienza dice di no. Il fenomeno è esclusivamente di ordine temporale nel senso che bisogna solo attendere l’evolvere della situazione. Nella stragrande maggioranza dei casi il progredire della mareggiata, intesa anche come mutazioni delle condizioni climatiche, variazione delle correnti ecc, comporta l’apertura del fondo e se si ha la fortuna di beccare questo momento le sorprese potrebbero essere piacevoli. Il problema è che non si può stabilire quando ciò avverrà se non si conosce molto profondamente lo spot. Cosa facciamo nel frattempo? Non possiamo permetterci di pescare in queste condizioni con il piombo che dopo due minuti è già arrivato sulla battigia. L’unico modo per riuscire a stare in pesca se mare e corrente sono davvero forti è lo spike. L’unico accorgimento, dopo aver lanciato, è di raccogliere il filo in bando e mettere in leggera tensione senza forzare per evitare che si aprano le marre. Ogni altro piombo, anche quelli più tenaci, ruzzoleranno mentre lo spike, anche se passeggia un po’ prima o poi farà presa. I nostri colleghi anglosassoni usano sempre gli spike per pescare su fondali “rough” ossia misto molto spinto o addirittura da rock infatti questo piombo è l’unico che garantisce una certa presa anche su lastroni di pietra. Volendo tirare le somme si può dire che l’optimum possa essere rappresentato da una pocket beach ad alta energia con fondale lievemente misto e posidonia a macchia di leopardo, il tutto affrontato già dalla prima fase di scaduta. Ma ciò è pura utopia  <xcalabria>x<.

    [size=6pt]Immagini in parte tratte dalle raccolte di Google[/size]

    Nicola, ho trovato questo intervento calzante e preciso come al solito inoltre, non che ce ne sia bisogno, ma ho un totale riscontro di quello che dici.

    Quote:
    Volendo tirare le somme si può dire che l’optimum possa essere rappresentato da una pocket beach ad alta energia con fondale lievemente misto e posidonia a macchia di leopardo, il tutto affrontato già dalla prima fase di scaduta. Ma ciò è pura utopia  <xcalabria>x<.

    [size=6pt]Immagini in parte tratte dalle raccolte di Google[/size]

    Soffermandomi su questo passaggio, io frequento(a dire il vero ultimamente di rado..) una spiaggia del genere, ti assicuro che sono usciti dei mostri da riva, tipo cernie o spigole obese ecc…ma ha una caratteristica molto strana. Mentre nelle spiagge aperte o esposte capita spesso di non trovare la giusta configurazione o più generalmente, come dice il pescatore medio, la giornata storta, anche in queste giornate qualche pescetto, qualche mangiatella, insomma qualche forma di vita si palesava. In questa pocket beach invece, ho facevo carniere da fotografia oppure il deserto totale, attribuivo il fatto che evidentemente i pesci in determinate condizioni magari preferivano non "ingolfare" ma restare su fondali più aperti, oppure non si avvicinavano semplicemente perchè non c'erano le giuste condizioni meteomarine oppure ancora, stazionavano oltre i cento metri, che in assetto di pesca, se va bene, rappresentano il mio limite.

    Ti è mai capitato di notare una tendenza del genere??saluti!

    Ciao Giovanni, come hai notato la mia frase è corredata da una faccina giusto per sottolineare l'aspetto semiserio o idealistico della cosa. Infatti, quello spot ideale è formato dall'insieme delle caratteristiche positive che si riscontrano a surfcasting. Io penso che il deserto totale lo si può riscontrare quando le condizioni del mare non sono giuste, cioè con mare calmo. Ed infatti ho notato la tendenza alla desertificazione proprio in questi frangenti. Quando invece il mare sbatte come si deve, questi tipi di spot ti fanno stare col cuore in gola perchè, quando meno te lo aspetti, ecco la cima della canna che va giù di brutto. Questa è la mia esperienza.

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